domenica 15 gennaio 2012

Il figlio del cimitero

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Copertina di Iacopo Bruno
Neil Gaiman è indubbiamente uno tra i miei autori preferiti. Le atmosfere delle sue storie sono cupe, malinconiche, e Il figlio del cimitero non fa eccezione. Il protagonista, Bod, ha perso in tenerissima età la famiglia, assassinata da un misterioso uomo chiamato Jack, ed è cresciuto… in un cimitero! Il destino ha infatti voluto che quel bambino scampasse alla strage gattonando fino al vicino camposanto. Qui il piccolo, rimasto senza identità e senza alcuno al mondo ad accudirlo, viene accolto dagli spiriti dei morti, che decidono di “adottarlo”, dandogli anche un nuovo nome: Nobody Owens (da cui il diminutivo “Bod”). Gli spiriti dei morti alleveranno Bod trattandolo come “uno di loro” (al bambino, benché vivo, viene infatti concessa in via straordinaria la Cittadinanza del cimitero), rendendolo partecipe dei loro segreti e offrendogli la loro protezione. Sì, perché chi voleva Bod morto è ancora in circolazione e non si arrenderà finché non avrà compiuto la sua missione. Dentro al cimitero Bod è al sicuro ma oltre il cancello il pericolo resta in agguato…
Non voglio svelare troppo della trama di questo libro, che ha vinto la Newbery Medal e lo Hugo Award 2009 (a mio avviso meritatamente). Mi limito a dire che la fantasia di Gaiman ha dato il meglio in questa storia a tratti cruda, a tratti tenera, talora triste, ma mai sdolcinata. Merito del potere narrativo e dell’ineguagliabile stile di Gaiman, che scrive storie per i bambini, trattandoli come adulti.
Il romanzo è uscito in Inghilterra nel 2008, corredato da illustrazioni di Dave McKean, che lo accompagnano internamente anche nella versione che possiedo, edita da Oscar Mondadori. Gaiman e McKean si conoscono dal lontano 1986, anno in cui la loro collaborazione è iniziata con la realizzazione di una graphic novel, Violent Cases, pubblicata nel 1987. Da allora i due hanno lavorato spesso in coppia (Il giorno che scambiai mio padre per due pesci rossi, Coraline, I lupi nei muri, Mirrormask, Crazy Hair, solo per citare i libri per bambini illustrati) e in effetti il loro connubio è ben indovinato. Lo stile dell’uno dà vita a immagini angoscianti (tanto per darvi un’idea) che incontrano perfettamente le atmosfere dell’altro (verrebbe quasi da aggiungere: …e vissero felici e contenti).  
Una piccola curiosità è che il primo tra i capitoli de: Il figlio del cimitero ad aver visto la luce e a venire pubblicato, La lapide della strega, è in realtà il quarto del romanzo, ed è presente con il titolo di: Il cimitero senza lapidi nella raccolta di racconti dark: Il cimitero senza lapidi e altre storie nere.
Un’altra curiosità è che questo libro è stato ispirato dal figlio di Neil Gaiman, Michael, quando all’età di due anni gironzolava sul suo triciclo tra le tombe di un cimitero. Da quel momento, perché anche l’ultimo capitolo venisse scritto e il romanzo completato, sono dovuti trascorrere venti anni. E io che pensavo di essere lenta a scrivere…

domenica 8 gennaio 2012

Harry Potter e la pietra filosofale

Copertina di Serena Riglietti
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Ci tenevo a destinare questo primo post dedicato alle mie letture a Harry Potter e la pietra filosofale, primo di una lunga e fortunata saga che conta in tutto sette romanzi, uno più bello dell’altro, scritti tra il 1997 e il 2007 dall’autrice inglese J. K.Rowling.
Rispetto ai volumi seguenti, Harry Potter e la pietra filosofale presenta uno stile più semplice, più ingenuo, dal quale traspare come effettivamente il target iniziale di questo libro fossero i bambini.
La crescita del maghetto, che nel corso della saga si trasforma da bambino in ragazzo, sembra essersi affiancata alla crescita stilistica dell’autrice la quale, di romanzo in romanzo, esibisce una sempre maggiore bravura. Anche il target dei romanzi sembra evolvere nel tempo, tanto che gli ultimi volumi della saga di Harry Potter ricordano più libri per ragazzi (e aggiungerei per adulti) che libri per bambini.
In ogni caso anche questo primo libro, come i sei che gli han fatto seguito, mostra un intreccio davvero ben congegnato, dove i colpi di scena non mancano.
Ciò che più ho apprezzato delle avventure di Harry Potter, al di là degli eventi che fungono da filo conduttore tra un libro e l’altro e che, nel corso della saga, si fanno sempre più coinvolgenti, più incalzanti e più drammatici, è l’universo che la Rowling è riuscita a ricreare. Le sue descrizioni sono vivide, complete e, ciò che più è importante in un’opera fantasy, sempre attente ai dettagli (come non ricordare le temibili Strillettere o le curiose gelatine Tuttigusti +1).
Ma, a mio avviso, la mossa veramente vincente dell’autrice è stato ambientare le vicende in una scuola di magia e trasportare l’elemento fantastico nel quotidiano, dando modo ai suoi giovani lettori di immedesimarsi nei protagonisti della storia. Geniale!
Come geniale è stato far coincidere la storia racchiusa in ogni libro con la durata di un anno scolastico, nel corso del quale alcuni degli oscuri segreti di Hogwarts vengono svelati.
A chi non l’avesse ancora fatto, consiglio vivamente di leggere questo libro; resterebbe piacevolmente sorpreso dallo scoprire quanto possa rivelarsi appassionante e, nello stesso tempo, si concederebbe il lusso di tornare per un po’ bambino.
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